Scuola

Fa freschetto nonostante sia agosto, alloggiamo nel paese di Celano, a qualche chilometro da Ovindoli. La strada da fare, la mattina, per salire è bella e divertente. Appuntamento in paese, dove conosco per la prima volta Marco, istruttore di volo e titolare della scuola. Gianluca è istruttore di volo in parapendio, una specie di paracadute, ma con un profilo alare e in grado di decollare, più o meno, come un delta. Interessante novità.

Al campetto alcune cose mi sono familiari, ormai. Il montaggio del delta prevede l’assemblaggio del trapezio, è un triangolo formato dai montanti verticali, e una barra orizzontale, quella che in volo viene manovrata dal pilota, l’apertura delle ali, incernierate sul naso, dove è collegata anche la chiglia e il montaggio delle stecche nella vela. Sono simili a quelle dei windsurf, più numerose e sagomate in moda da dare il profilo tipico concavo-convesso alle ali.

La fase iniziale è molto fisica, bisogna imparare a tenerlo in equilibrio sulle spalle, incastrandole tra i montanti, correggendo con le mani il beccheggio e quando pronti, correre con progressione, senza farlo cadere dalle spalle, ovviamente. Le prime prove sono faticose e spassose, durante la corsa il delta saltella sulle spalle, cade di lato, davanti … s’inciampa sulla barra e spesso si cade. E’ un allenamento, muscolare e di equilibrio, ma la concentrazione degli allievi è tutta nel tentativo di sentire il delta che va in volo e si alza miracolosamente dalle spalle. Marco insiste sull’equilibrio, è la prima fase del decollo, molto delicata … e niente, si corre più che si può e poi si “spalanca” nella speranza che il delta accenni almeno un impennata. Marco ci rimprovera, si ritorna nei ranghi e poi … si ricomincia, è una gara a chi riesce a farlo “decollare”. Qualcuno riesce anche a farsi sollevare di peso da terra, e ce ne vuole con quel vecchio Atlas, non è più adatto al volo, per far gonfiare quelle ali mosce bisogna spingere tanto, ma proprio tanto ! Marco non lo dice, ma anche quello è allenamento, mentale.

L’allenamento sul campo è alternato a lezioni di teoria, materiali, i principi del volo, profili alari, portanza, manovrabilità, meteorologia, sicurezza.

Nei giorni successivi la corsa è facilitata, si porta il delta sul pendio di una collinetta, pochi metri, ma sufficienti per fare meno fatica e concentrarsi sulla progressione e sull’equilibrio nel tenere il delta sulle spalle, prima che questo prenda portanza e cominci a volare. Il decollo.

Non è facile, anzi è sempre più difficile, la corsa è spesso un arrancare disordinato verso il piano col delta che cade da un lato o dall’altro, quando va bene e non si finisce a terra. Per fortuna ci sono le ruote sulla barra di comando, quando si cade il delta scivola in avanti. Un giorno passa per un saluto al campetto un ex istruttore della scuola, e tra una chiacchiera e l’altra dà anche supporto agli altri istruttori controllando la preparazione al decollo degli allievi in cima alla collinetta. Si, siamo saliti in cima, pochi metri ancora.

“Corri dietro al delta, invece devi essere tu a tirarlo, sei il motore di questa macchina”. Dopo avermi osservato, si è reso conto di quello che non riescono a vedere gli altri da sotto la collinetta. Mi sollecita a correre più veloce del delta, a stare col busto avanzato. “Buttati dentro il triangolo, devi sentire la cinghia dell’imbrago che tira il delta, devi tenere il naso giù, la barra in pancia e corri sempre, anche quando senti che i piedi si staccano da terra, ci vuole velocità, energia.” Sono stanchissimo, è fine giornata, ma le parole di Andrea mi danno la carica, mi concentro, faccio i primi passi e mi tuffo letteralmente dentro il trapezio, arrivo in fondo alla collinetta che sto ancora correndo, il delta è ormai in volo, la barra è al petto ma io lo tengo giù, è senza peso, la corsa è facile e quando smetto il delta vola in piano, sembra non fermarsi … quando Marco mi grida “APRI”, spingo sui montati, il delta sale, stalla e veniamo giù di peso. Perfetto, anche Marco mi fa i complimenti. Quel decollo è stato un imprinting, non ne ho più sbagliato uno, a differenza degli atterraggi.

Mi piace la montagna, si sta freschi anche d’estate, è tranquilla, silenziosa, profumata, sembra il paradiso, per chi viene dalla sala macchine di un rimorchiatore. La sera a cena siamo sempre in qualche locale dove c’è musica dal vivo e buona cucina, mille chiacchiere sulle giornate passate al campetto, progetti futuri e i racconti dei volatori veterani … dove sembra di ritornare tra i marinai.