Così una domenica…

Luglio 1990, sala mensa del rimorchiatore Roma, al tg regionale propongono un servizio su una gara di volo; interviste, panoramiche, prodotti tipici, finché … l’atterraggio di un delta: sorvola veloce il terreno, rallenta, si ferma sospeso per un istante … poi il pilota poggia i piedi a terra, in un gesto molto elegante. Mi ricorda i gabbiani di mare quando atterrano sul molo nelle giornate ventose.

Dopo qualche settimana sbarco per avvicendamento e mi ritrovo un bel periodo di ferie. Parlo per caso con un amico della mia curiosità per il volo deltaplano e mi fa conoscere Mino, un carrozziere, che vola già da qualche anno. “Vieni a vedere una giornata di volo, poi decidi se è uno sport che fa per te”.

Così un domenica, insieme ad un altro volatore, imbarchiamo i delta sulla sua Volvo Polar ed andiamo a verso San Donato Val Comino; giù verso Frosinone. Il decollo è sul ciglio della strada, subito dopo il guardrail, c’è una pedana che va in discesa. A che serve ? mi chiedo, il pendio è ripidissimo basta buttarsi. “Non ci si butta, si decolla!”, puntualizza Mino, è necessario che l’ala prenda velocità per essere governabile, se ci si “butta” il decollo diventa un lancio di dadi, il delta può andare dritto, a destra, a sinistra … tornare indietro verso il pendio. Durante il montaggio del delta, fatto sostanzialmente sul lato della strada, tra le auto parcheggiate, Mino mi spiega come è fatto, come si monta, lo strumento che usa, l’attrezzatura di volo … le termiche. Osserviamo alcuni decolli: C’è molta intensità nella preparazione, il pilota tiene il delta in equilibrio sulle spalle, gli altri volatori fanno assistenza, stanno sui lati del delta e lo tengono per i cavi per impedire che una raffica improvvisa di vento lo metta fuori assetto:  “E’ MIO ?” … grida il pilota, “E’ TUO !” … rispondo gli assistenti;  scatta giù lungo la pedana, la supera, continua a scendere verso il basso, poi risale e riprende quasi la quota della strada, va verso valle e poi gira; chi a destra chi a sinistra. Costeggiano il pendio in cerca della termica per salire, mi spiega Mino.

Continuiamo con la preparazione del delta di Mino, indossa l’imbrago e lo collega alla chiglia, mi chiede di tenere la punta del delta e si sdraia per verificare se la fune è collegate bene al moschettone, poi mette il casco e lo collega con dei cavi alla radio, con questa fa una prova di collegamento con l’amico già in volo; “Ha bucato”. L’amico decollato poco prima non ha trovato la termica per salire e si dirige verso l’atterraggio; nel gergo dei volatori significa che è andato in atterraggio così velocemente, da fare un “buco” nell’aria. Si mette il delta sulle spalle, scavalca il guardrail e va verso la pedana; Si ripete la scena, gli altri volatori lo assistono … “E’ MIO?” … “E’ TUO!” … e corre giù per la pedana. Osservo ancora un po’ i decolli, ascolto i discorsi dei volatori poi carico l’auto con quello che è rimasto del montaggio e scendo in atterraggio.

Non è come in televisione, alcuni volatori atterrano sulla pancia, altri correndo fino a sbattere il naso del delta in terra, alcuni finisco fuori campo d’atterraggio, spanciando e ruzzolando, qualcuno atterra come da manuale.

Seguo anche lo smontaggio dei delta e faccio qualche domanda per capire come funziona in volo. Dopo un oretta atterra anche Mino, smontiamo carichiamo l’auto e ritorniamo verso casa. Mi chiedono che ne pensi, ma non so rispondere, è difficile capire se possa piacere o meno solo guardando. Mi danno il telefono della scuola di volo di Roma per informarmi su un volo in biposto e capire meglio.

Risponde Gianluca, mi dice che in quel periodo c’è il corso intensivo presso Ovindoli e non c’è la possibilità di fare il volo biposto. Non ci penso più di tanto e mi iscrivo al corso accelerato. Non so dov’è Ovindoli, ma non sono mai stato neanche stato in montagna.